Portobuffolè

Luoghi

  • Comuni
  • Piazza Vittorio Emanuele II, Settimo, Portobuffolè, Province of Treviso, Veneto, 31040, Italia

Descrizione

Portobuffolè


Portobuffolè è un comune italiano di 751 abitanti della provincia di Treviso in Veneto, il più piccolo paese della provincia in termini sia di popolazione sia di superficie. Come per Asolo, Castelfranco Veneto e Treviso, anche il centro storico di Portobuffolé è recintato da mura.

Origine ed etimologia
Controverse le origini di Portobuffolè. Prima della sua nascita, sulla sinistra del Livenza, esisteva un umile villaggio di pescatori, agricoltori e pastori, la cui origine si fa risalire al terzo secolo avanti Cristo, chiamato Septimum de Liquentia. Septimum perchè distante sette miglia dall'antica città di Oderzo (Opitergium). La storia locale cristiana ricorda Septimum tra il 620 e il 700 d.C. in occasione della traslazione del corpo di S. Tiziano da Oderzo a Ceneda.
Più tardi, in un documento del 997, apparve invece il termine "castello".
In quell'anno venne stipulato un contratto d'affitto tra il Vescovo di Ceneda Sicardo e il Doge di Venezia Pietro Orseolo II°. Su questo documento si legge: "... castro et portu... in loco Septimo... Castello e porto (fluviale) in località Settimo... ". In un altro documento: "... Castellarium Portus Buvoledi... " da cui si ebbe Portusbufoledi.
"... Voce la cui derivazione, anzichè da bufalo, come comunemente si crede, devesi ricercare nella parola bova che dal latino medievale significa canale... " (1)

Periodo Feudale

Dopo un periodo di probabile dominio carrarese, il castello di Portobuffolè passò al patriarcato di Aquileia. Nell'agosto 908, l'imperatore Berengario, su preghiera della moglie Bersilia, donò il castello al vescovo di Ceneda Ripalto.
Si avvicendarono altri feudatari. Nel 1166 Portobuffolè passò a Treviso, per ritornare nel 1242 ancora a Ceneda. Gerardo de' Castelli, istigato dai trevigiani, distrusse il castello, che fu ripreso e restaurato di nuovo dal vescovo di Ceneda.
Infine Tolberto da Camino, marito della famosa Gaia, figlia del "... buon Gherardo... ", immortalata da Dante nel XVI canto del Purgatorio, divenne signore di Portobuffolè il 2 ottobre 1307.
Samaritana da Rimini, seconda moglie di Tolberto, sentendosi minacciata, dopo la morte del marito, dai parenti Rizzardo e Gerardo da Camino, temendo anche per la vita del giovane figlio Biancoino, raggiunse Venezia e chiese protezione al doge Dandolo.
Samaritana, con l'appoggio dei veneziani, potè rientrare nel castello solo nel 1336.

Dominio Veneto

Il 4 aprile 1339 Portobuffolè, con decreto del senato Veneto e con delibera del Maggior Consiglio di Treviso, passò a Venezia. Ottenne un Consiglio Civico, un Consiglio Popolare e l'ordine dei nobili.
Più tardi i Genovesi obbligarono i Veneziani a cedere la Marca trevigiana all'arciduca d'Austria, che la vendette a Francesco di Carrara. Una rivolta popolare riportò Portobuffolè, ancora una volta, a Venezia.
Dopo una breve parentesi di dominazione turca, Portobuffolè conobbe, sotto il dominio veneto, un periodo di grande splendore. La Repubblica Veneta concesse il titolo di Città, lo stemma gentilizio ed un podestà, che rimaneva in carica solo 16 mesi, con ampie mansioni politico-amministrative.
Portobuffolè divenne capoluogo di mandamento, sede di avvocati, notai, architetti ed artigiani, importante ed attivo centro commerciale e culturale.

Dominio Francese

Nel 1797 Portobuffolè passò sotto il dominio francese. Ebbe un tribunale civile e criminale di prima istanza.
Con decreto del governo francese del 5 maggio 1797 la sua giurisdizione si allargò a Mansuè, Fossabiuba, Baite, Basalghelle, Cornarè, Rigole, Vallonto, Lutrano, Villalonga, Saccon di Lia, Camino, Stala di Oderzo, Levada, Fraine, Colfrancui, Campagnola, Burniola, Roverbasso, Campomolino e Codognè.
Con la pace di Campoformido, il Veneto passò all'Austria e per Portobuffolè iniziò il declino. Perdette infatti il tribunale di prima istanza ed il Municipio.
Nel 1807 cessò di essere anche distretto e nel 1816 la frazione di Settimo passò al comune di Brugnera fino al 1826.

Epoca Moderna

Portobuffolè diede il proprio contributo per l'Unità d'Italia: alcuni giovani infatti andarono in Piemonte come volontari.
Il 15 luglio 1866, tra l'entusiasmo popolare, entrò nella cittadina il primo drappello di soldati italiani.
Anche nella Grande Guerra 1915/18 soffrì lutti e nel dopo guerra sopportò la crisi economica e l'emigrazione. Dignitoso fu l'atteggiamento della popolazione durante il periodo fascista.
Nel secondo conflitto mondiale 1940/45 sopportò pesanti lutti e nuove emigrazioni oltre Oceano.
Pian piano il paese risorse e divenne ben presto patria del mobile, grazie all'intelligenza e la tenace volontà della popolazione.
Nel 1965/66 due alluvioni sommersero il paese in un mare di fango, distruggendo il lavoro e le speranze di tanti anni di sacrificio.
Lentamente venne la ripresa. Anche se, a malincuore, molte famiglie si allontanarono ed alcune industrie dovettero essere ricostruite in comuni limitrofi.

IL TERRITORIO: Portobuffolè è tra i nove comuni veneti insigniti della Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, il marchio di qualità turistico-ambientale del Touring che è destinato alle piccole località dell'entroterra che si distinguono per un'offerta di eccellenza e un'accoglienza di qualità. Per il turista la Bandiera Arancione è un elemento di scelta che garantisce la possibilità di vivere un'esperienza di qualità, alla scoperta di luoghi di cultura e tradizioni, fuori dai flussi turistici tradizionali.

Si entra a Portobuffolè dal ponte che immetteva alla Porta Trevisana e si arriva in Piazza Beccaro, una piazzetta con acciottolato circondata da bei palazzi. Dalla Piazza si arriva in breve tempo presso Museo Casa Gaia, una splendida dimora del Trecento in cui visse fino alla morte, avvenuta nel 1311, Gaia da Camino immortalata da Dante nel XVI canto del Purgatorio.

 

La Torre Comunale del X sec. è l'ultima restante delle sette antiche torri del castello. È alta 28 metri e costruita in laterizio. Sull'orologio si trovava il buco dal quale i condannati erano calati nella sottostante prigione. La casa ai piedi della Torre era un tempo il Palazzo del Governo.
 Sopra la porta del Monte di Pietà, fondato nel '500 dai Veneziani, vi è un raro esempio di "Leon in Moeca", quello dall'aspetto terrificante che veniva rappresentato in tempo di guerra. 
Il Leone di San Marco domina anche in Piazza Maggiore (Piazza Vittorio Emanuele II): qui vi erano gli uffici pubblici e risiedevano le famiglie più importanti. Il Municipio ha un'ampia loggia ed eleganti finestre a sesto ovale. Reca in facciata iscrizioni e stemmi cinquecenteschi dei podestà.

 

Prima di diventare chiesa Cristiana, il Duomo era una Sinagoga Ebraica (nei lavori di restauro dell'ex casa dell'Arcisinagogo, accanto al Duomo, è apparsa una pietra con il candelabro ebraico a sette braccia e alcune lettere dell'alfabeto). È stato consacrato nel 1559 e restaurato più volte sia all'interno che all'esterno.


Dalla Piazza si arriva al "Toresin" e a Porta Friuli, dove campeggia, sopra l'arco esterno, un Leone di San Marco che inneggia ai "diritti e doveri dell'uomo e del cittadino", iscrizioone dell'età Napoleonica. Il Ponte Friuli, costruito nel 1780 in pietracotta, in sostituzione del ponte levatoio in legno, è a due grandi arcate e fiancheggiato da sei eleganti poggioli. Qui sotto scorreva un tempo il fiume Livenza.

Fuori del borgo, meritano sicuramente una visita la Chiesa di San Rocco con la Madonna della Seggiola, Villa Giustinian costruita nel 1695 dalla nobile famiglia veneta Cellini e poi passata ai Giustinian, l'Oratorio di Santa Teresa, edificato dai Cellini, ricco di stucchi e affreschi e la Chiesa dei Servi, consacrata nel 1505.

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